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Dopo il debutto di ieri, anche oggi e domani “Cence Memorie”, versione in lingua friulana di “Senza Memoria”, il progetto culturale e teatrale ideato dal Museo Carnico delle Arti Popolari Michele Gortani di Tolmezzo in co-produzione con il Teatri Stabil Furlan. “Cence Memorie” è vincitore del bando promosso dalla Società Filologica Friulana nell’ambito del progetto Primis Plus “Storie di multiculturalità: viaggio sensoriale attraverso il prisma delle minoranze” finanziato dal Programma di cooperazione transfrontaliera Interreg VI-A Italia-Slovenia 2021-2027. Primis Plus, in continuità con il precedente progetto Primis, ha l’obiettivo di creare prodotti e servizi per favorire un turismo culturale focalizzato sull’inestimabile patrimonio materiale e immateriale dell’area proponendo azioni partecipate con la comunità e gli operatori del turismo per divulgare cultura, tradizioni, abitudini, peculiarità condivise delle comunità linguistiche locali.


Saranno in totale 9 le repliche di “Cence Memorie”, tutte a ingresso gratuito, proposte nei seguenti orari: 18-19.30-21 (durata 45 minuti, massimo 20 persone a replica). Possibile prenotarsi – obbligatorio per partecipare – telefonando allo 0433-43233 o scrivendo a info@museocarnico.it. “Cence Memorie”, su testo adattato in lingua friulana da Carlo Tolazzi, vede la regia di Massimo Somaglino e la partecipazione di Nicoletta Oscuro, Susanna Acchiardi, Manuel Buttus accompagnati dalle straordinarie musiche di Giorgio Parisi e della sua “tintine”.
La produzione nasce con l’idea di valorizzare il Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani” di Tolmezzo, attraverso la lingua e la cultura friulane, coinvolgendo proprio le comunità nelle quali il friulano è bene comune e riconosciuto, sia in Friuli Venezia Giulia che nel vicino Veneto. Premiata la chiave innovativa, alternativa e contemporanea proposta per la valorizzazione del patrimonio museale di uno dei musei etnografici più significativi del Friuli Venezia Giulia e dell’arco alpino: attraverso gli strumenti del teatro il visitatore è condotto, non solo da un punto di vista fisico, ma anche narrativo, dentro le sale del Museo alla scoperta degli oggetti in esso custoditi. Un luogo silenzioso, tranquillo, pacato, dove la memoria è come un sottile velo di polvere che si appoggia sugli oggetti, viene immediatamente stravolto, vivificato, rimesso in movimento anche soltanto dal fatto che da una sala lontana si sente un organetto che suona e una voce che canta.
L’iniziativa, inoltre, vuole sensibilizzare sul fondamentale ruolo rivestito dal Museo e dalle sue collezioni nella conservazione della memoria di un popolo, perché, come diceva Gortani “…i giovani imparino e i vecchi ricordino…”: un monito a dedicare attenzione alla nostra storia e alla nostra cultura, per non rischiare l’oblio della nostra identità. Si tratta, infatti, di una storia che ha la caratteristica di rapportarsi con il luogo nel quale, per eccellenza, viene custodita la memoria. Tutto parte da uno smarrimento, da una perdita: c’è un signore molto aziano che non si trova più, è scomparso, e una famiglia che comincia a discutere di che cosa rimane, di quali strategie attivare per convincerlo a tornare. E quando viene ritrovato non è più in sé, ha perso la memoria: ma che cosa vuol dire perdere tutta la conoscenza, la consapevolezza, l’esperienza? Il Museo è il luogo dove tutte queste conoscenze vengono custodite. Allora il dibattito che nasce all’interno di questa famiglia è tra conservare e disperdere, ricordare e dimenticare, avere cura o abbandonare, tacere o raccontare.

Info: www.museocarnico.it

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In copertina e all’interno ecco due immagini d’archivio dello spettacolo.

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