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di Nicola Cossar

GORIZIA – Le sere d’estate profumano sempre un po’ di magia. Aprono finestre su luoghi e storie a volte dimenticati, o soltanto coperti – e custoditi – dalla polvere del tempo. Luoghi che si fanno strade, strade che si fanno immagini, immagini che si fanno ricordo, ricordo che talvolta fa male ma che, nonostante tutto, può diventare seme di coraggiosa rinascita, disegno di nuove sfide e di nuovi giovani orizzonti, di altre vite dopo di noi. Sensazioni ed emozioni che mi hanno accarezzato il cuore partecipando la vigilia di Ferragosto, a Gorizia, alla visita teatralizzata “Anche le strade parlano”, nuovo straordinario successo dell’associazione CulturArti nato nella scia di “Anche le statue parlano”, iniziativa da puntuale e costante “tutto esaurito” conosciuta e apprezzata ormai in tutta Italia.

Aspettando il nostro turno, mi riempio gli occhi e il cuore della vitalità di piazza Vittoria, per tutti piazza Grande, o Travnik per gli sloveni goriziani. Sant’Ignazio veglia sui bambini che si rincorrono, sui giovani che, seduti ai caffè, si mangiano un pigro gelato. Magari li staranno guardando anche Nino Paternolli, Enrico Mreule e Carlo Michelstaedter, che nella soffitta di Nino – proprio di fronte alla fontana di Pacassi scolpita da Chiereghin – sognavano e disegnavano un mondo migliore.
Carlo stasera ha fretta. Ci deve accompagnare nell’incontro con la strada che parla: Via Rastello, lo storico cuore commerciale di Gorizia. Stasera assume le sembianze di Alessandro Maione in un racconto avvincente a più voci. Sì, perché se lui è Michelstaedter, Via Rastello si fa persona leggiadra e vitale grazie a Caterina Bernardi. Insomma, due giovani e bravissimi attori che ci prendono per mano e ci conducono alla (ri)scoperta di questa strada. La trama della storia è ideata e cucita da Edoardo De Angelis, poeta della canzone italiana che ci dona alcuni preziosi affreschi per voce e chitarra.
La narrazione di questi originali cantastorie è fascinosa e coinvolgente, attraversa secoli, persone e dominazioni: da Ottone III al conte Leonardo, da Aquileia a Venezia, dagli Asburgo a Napoleone. Attraversa le culture che qui si respirano: tedesca, slovena, italiana. Attraversa questioni etniche e religiose persistentemente dolorose, come il rapporto degli ebrei con la città e con chi ne reggeva le sorti. Caterina, Alessandro ed Edoardo non esprimono giudizi, raccontano il cammino dell’uomo, le sue imprese e i suoi fallimenti. Ci fanno immaginare la Via Rastello che non c’è più: incessanti traffici commerciali, con tanto di servizio di tram, un negozio in ogni palazzo, le osterie, gli orefici, gli artigiani, i letterati.

Ma apro gli occhi e vedo tutto chiuso, serrande abbassate e arrugginite, orgogliose insegne che si stanno arrendendo alle ingiurie del tempo: Larise, La Bomboniera, il negozio con l’ombrello come insegna, la farmacia non ci sono più. Anche nell’adiacente via Monache, dove sopravvive il benemerito negozio di libri usati, non ci sono più gli orefici Visintin né i Bardusco, maestri corniciai, né l’officina dove Giovanni tutto riparava.
Quando sono davanti alla gloriosa ditta di Osvaldo Krainer, il faro del commercio in Via Rastello, il mio cuore batte più forte. Conosco ogni angolo di questo immenso negozio, i suoi magazzini, gli appartamenti e le famiglie ai piani superiori dietro il cortile. Risento ancora i passi veloci e affaccendati di mio padre scendere e salire innumerevoli volte le scale: ci lavorò per più di 30 anni, da umile impiegato fino a diventarne il direttore, impiantando la rete vendite praticamente in tutta la Slovenia (dietro a quei banchi lui, friulano, ne imparò perfettamente la lingua). E rivedo “sior Giulio”, Ferruccio, Mirko, Fiorenzo, Ugo, il mio padrino Sergio, la signora Diletta sul “trono” di quella meravigliosa cassa che risplende ancora oggi nel negozio davvero ben restaurato per iniziative diverse ma sempre benvenute.
Ricordo, rivedo, penso e spero. Forse non invano, perché, come dice alla fine Caterina, davanti alla statua di Michelstaedter, questa strada non è morta, si è soltanto addormentata in attesa di nuove stagioni e nuove generazioni. E la cara amica Patrizia Artico, assessore a Go2025, aggiunge: proprio alla Krainer la Regione intende realizzare un polo importante per il turismo e Valter Mramor (una grande “ricchezza” per la città) pochi metri più in giù, verso la piazza, aprirà presto un scuola di danza.
Ecco, forse il finale della visita teatralizzata (sarà sicuramente riproposta il 22 settembre) mi ha ricordato proprio questo: la vita è fatta di infinite cadute e di puntuali rinascite. Spero arrivi presto anche quella della mia amata Via Rastello. Magari con il piccolo ma meraviglioso contributo di Edoardo, Caterina e Alessandro. Carlo, Nino ed Enrico saranno sicuramente felici di un altro nuovo mondo che sta arrivando.

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In copertina, la storica Via Rastello nel cuore di Gorizia, tre immagini dell’applaudita rappresentazione e della ferramenta Krainer, infine Sant’Ignazio gioiello di piazza Vittoria.

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